giovedì 30 aprile 2009

Cassazione penale, sentenza n. 15641 del 2009

Con sentenza n. 15641, depositata il 10 aprile 2009, la Corte di Cassazione – Seconda Sessione Penale – ha sottolineato come l’applicazione delle misure cautelari, nei procedimenti ex D.Lgs. 231/2001, è condizionata alla verifica di una serie di elementi quali:
- l’esistenza dei reati che rappresentano il presupposto della responsabilità dell’ente;
- l’esistenza dell’interesse o del vantaggio derivato all’ente da quei reati;
- il ruolo ricoperto in concreto dagli autori del reato nell’organizzazione dell’ente (apicali o “semplici” dipendenti);
- il fatto che le persone fisiche non abbiano agito nell’esclusivo interesse proprio o di terzi;
- il fatto che l’ente abbia tratto un profitto di rilevante entità dal reato, oppure abbia ripetuto nel tempo gli illeciti.
La Corte evidenzia in particolare la necessità di un’attenta verifica degli interessi implicati per evitare che l’ente venga coinvolto nelle azioni illecite degli amministratori e soggetti equiparati, dal momento che potrebbe accadere che l’ente sia “utilizzato come schermo dietro al quale agiscono soggetti che utilizzano la compagine sociale come semplice strumento per fini personali”.

Il controllo è di “rigore” sulle sanzioni alle società, di Giovanni Negri, in, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 27 aprile 2009, pag. 7

Cassazione penale, sentenza n. 15641 del 2009

mercoledì 8 aprile 2009

Sentenza del Tribunale di Cosenza, 2 marzo 2009, n. 1341

Il Tribunale di Cosenza ha pronunciato la seconda sentenza di condanna (Trib. Consenza, 2 marzo 2009, n. 1341) di una persona giuridica per effetto dell’applicazione del Decreto 231.
La sentenza è relativa ad un procedimento per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, avviato nei confronti dell’amministratore unico di una Srl e di altri soggetti.
L’ente sottoposto a procedimento è stato condannato a 75.000 euro di sanzione pecuniaria ed ha subito una confisca di oltre 2 milioni; il giudice ha inoltre disposto la pubblicazione della sentenza e il divieto di pubblicizzare beni e servizi quali misure interdittive.
In tema di confisca, il giudice sottolinea che l’importo da confiscare deve essere pari al profitto del reato, da intendersi come l’intero beneficio ottenuto dalla società, una volta provato il collegamento con l’illecito; in questo senso, per il Tribunale di Cosenza, va superata la distinzione tra profitto netto e profitto lordo. Nel caso di specie, la confisca è stata estesa a tutti i contributi che erano stati erogati, anche se una parte di questi era poi stata effettivamente utilizzata per l’acquisto di macchinari.

Decreto 231, la confisca conquista spazi, di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, 2 aprile 2009, pag. 37