Con sentenza n. 15641, depositata il 10 aprile 2009, la Corte di Cassazione – Seconda Sessione Penale – ha sottolineato come l’applicazione delle misure cautelari, nei procedimenti ex D.Lgs. 231/2001, è condizionata alla verifica di una serie di elementi quali:
- l’esistenza dei reati che rappresentano il presupposto della responsabilità dell’ente;
- l’esistenza dell’interesse o del vantaggio derivato all’ente da quei reati;
- il ruolo ricoperto in concreto dagli autori del reato nell’organizzazione dell’ente (apicali o “semplici” dipendenti);
- il fatto che le persone fisiche non abbiano agito nell’esclusivo interesse proprio o di terzi;
- il fatto che l’ente abbia tratto un profitto di rilevante entità dal reato, oppure abbia ripetuto nel tempo gli illeciti.
La Corte evidenzia in particolare la necessità di un’attenta verifica degli interessi implicati per evitare che l’ente venga coinvolto nelle azioni illecite degli amministratori e soggetti equiparati, dal momento che potrebbe accadere che l’ente sia “utilizzato come schermo dietro al quale agiscono soggetti che utilizzano la compagine sociale come semplice strumento per fini personali”.
Il controllo è di “rigore” sulle sanzioni alle società, di Giovanni Negri, in, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 27 aprile 2009, pag. 7
Cassazione penale, sentenza n. 15641 del 2009
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