Riformare il decreto 231 sì, ma non così. E allora, prima che sia troppo tardi, ergo che il progetto sia approvato dal consiglio dei ministri, meglio fermarsi e riflettere. Con quest'obiettivo esce allo scoperto l'Assonime (l'associazione tra oltre 600 società di cui un centinaio quotate), che chiama in causa il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. A pochi giorni dalla probabile presentazione in consiglio dei ministri (nella riunione dedicata esclusivamente ai temi della giustizia) del testo del disegno di legge di riscrittura del decreto 231 promosso da Arel e fatto proprio dal ministero, il presidente Assonime Luigi Abete ha scritto una preoccupata lettera ad Alfano.
Abete non usa mezzi termini e precisa che «l'esigenza di una riforma della disciplina 231 è da noi condivisa, ma è necessario un profondo ripensamento dell'intero impianto del decreto». La strada imboccata invece non va nella giusta direzione e lascia scoperti gravi rischi per le imprese. «Infatti – sottolinea Abete – le previste modifiche non solo non garantiscono alcuna certezza in termini di esenzione da responsabilità, ma possono condurre, nei fatti, a indagini sempre più invasive da parte del pubblico ministero e a un sindacato penetrante del giudice penale in merito all'organizzazione e gestione imprenditoriale». Continua
Stop delle società alla nuova 231, di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 25 febbraio 2011
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