lunedì 6 dicembre 2010

Il falso in revisione fuori dai reati 231

La sentenza del GIP del tribunale di Milano n. 12468 del 10 novembre scorso sottolinea che per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. 39/2010, il falso in revisione non rientra più nell'elenco dei reati presupposto del D.Lgs. 231/2001.


Il falso del contabile fuori dai reati "231", di Pierpaolo Ceroli e Stefano Cocchini, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, Lunedì 6 dicembre 2010

venerdì 23 luglio 2010

Cassazione penale, sentenza n. 28699 del 2010

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 28699 del 201o depositata lo scorso 21 luglio, chiarisce che anche le società pubbliche, qualora esercitino un'attività economica, diventano responsabili per i reati commessi da propri dipendenti da cui hanno tratto un vantaggio.
Risultano esonerati dall'applicazione del decreto 231 solo lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici.

Le società pubbliche finiscono nella rete del decreto 231, di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, di giovedì 22 luglio 2010

giovedì 22 luglio 2010

Cassazione penale: onere della prova a carico dell’accusa

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27735 della sesta sezione penale (depositata il 16 luglio scorso), ha precisato che tocca all’accusa dimostrare il collegamento tra il reato commesso dal manager e la colpa organizzativa della società, in maniera tale da poterne chiedere la sanzione.
Nella fattispecie, La Corte si è pronunciata con riferimento a un procedimento per corruzione in materia di appalti nella sanità pubblica, respingendo una serie di questioni di legittimità costituzionale del decreto 231/2001 chiarendo che:
- il decreto 231 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico un terzo genere di responsabilità, diversa sia da quella penale che da quella amministrativa, che porta l’ente a rispondere per fatto proprio a causa del rapporto di immedesimazione società-amministratore; non lede quindi il principio costituzionale secondo cui la responsabilità penale è personale;
- quella sancita dal decreto 231 non è nemmeno una responsabilità oggettiva, in quanto presuppone una colpa di organizzazione dell’ente nel non avere predisposto adeguati modelli organizzativi diretti ad evitare la commissione di reati del tipo di quello effettivamente verificatosi;
- spetta all’accusa provare l’illecito penale in capo alla persona inserita nei vertici aziendali e il fatto che questa abbia agito nell’interesse dell’ente, così come spetta all’accusa dimostrare la carenza di un’adeguata organizzazione interna alla società. Il reato commesso dal manager nell’interesse della società va infatti considerato “proprio” di quest’ultima, agendo la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie a vantaggio dell’ente come organo e non come soggetto da questo distinto.


Responsabilità delle società con la prova del pm, di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 17 luglio 2010, pag. 23

martedì 13 luglio 2010

L’Arel ha messo a punto un pacchetto di modifiche per il decreto 231

L’Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) ha messo appunto uno schema di disegno di legge diretto a modificare alcuni punti chiave del decreto 231: l’obiettivo è quello di rafforzare la portata esimente dei modelli e di dare riconoscimento alla specificità di holding e piccole imprese.
L’articolato si focalizza in particolare sulle soluzioni per dare ai modelli maggiore forza, scegliendo come strada quella della certificazione del modello in modo da escludere la responsabilità dell’ente a patto che il modello concretamente attuato corrisponda al modello certificato e che non si siano verificate gravi violazioni tali da rendere evidenti le lacune organizzative che hanno contribuito alla commissione del reato.
La certificazione così delineata può anche riguardare singole procedure e attestare l’idoneità delle procedure anche in itinere, mentre i modelli sono ancora in corso di perfezionamento.
Dovranno poi essere definiti attraverso un apposito regolamento i soggetti abilitati a rilasciare la certificazione, le modalità, i criteri del rilascio e l’efficacia della certificazione.
Un’altra modifica proposta riguarda l’attribuzione, nelle imprese di piccole dimensioni, del compito di vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli a un soggetto interno all’ente che sia in grado di fornire adeguate garanzie di indipendenza.
Infine, l’Arel suggerisce una particolare attenzione per l’attività di direzione e controllo esercitata da una società nei confronti di un’altra o di altre (holding) e la previsione di specifici protocolli per programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in rapporto ai diversi reati da prevenire.

Modelli in cerca di riforma di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 7 luglio 2010, pag. 33

giovedì 17 giugno 2010

Nelle società un commissario "settoriale"

Leggi l'articolo di Giovanni Negri apparso su Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, del 15 giugno 2010, pag. 37.

Nelle società un commissario "settoriale"

mercoledì 16 giugno 2010

Introduzione di nuovi delitti nel catalogo del decreto 231

La legge comunitaria 2009 stabilisce che con decreto legislativo dovranno essere introdotti tra i reati di cui al decreto 231/2001 le fattispecie criminose indicate nella direttiva 2008/99/CE e nella direttiva 2009/123/CE ovvero, rispettivamente, i delitti ambientali e quelli relativi all’inquinamento provocato dalle navi.
La lettera b) della legge comunitaria 2009 prende in esame i principi di delega rispetto alle sanzioni da infliggere al soggetto collettivo stabilendo di “prevedere, nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati di cui alla lettera a) (ndr. quelli sopra citati), adeguate e proporzionate sanzioni amministrative, pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza ed eventualmente anche interdittive, nell’osservanza dei principi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, e successive modificazioni”.
Accanto alle diverse attività che possono determinare un reato, gli stati membri dovranno prevedere la punibilità in sede penale delle due condotte di favoreggiamento ed istigazione a commettere intenzionalmente le attività di cui all’articolo3.
Di particolare rilievo è il fatto che le suddette attività debbano essere qualificate illecite non solo qualora siano poste in essere con intenzionalità, ma anche con colpa grave.
In base all’art. 52 della legge comunitaria 2009, inoltre, il governo è delegato ad adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, i decreti legislativi per l’attuazione di rilevanti decisioni quadro in tema di:
- lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (decisione quadro 2001/413/GAI);
- repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (Decisione quadro 2002/946/GAI);
- traffico illecito di stupefacenti (2004/757/GAI);
per le quali si prevede di introdurre tra i reati sanzionati ex decreto 231 le fattispecie criminose indicate nelle decisioni quadro di cui al comma 1 dell’art. 52, con la previsione di adeguate e proporzionate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso il reato.


Reati ambientali nella “231”, di Luigi Fruscione e Benedetta Santacroce, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 14 giugno 2010, pag. 12

martedì 8 giugno 2010

Gli illeciti ambientali entrano nel catalogo del decreto 231

La legge comunitaria 2009 delega il governo per il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente ed estende agli illeciti ambientali la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti.
L’attuazione della delega dovrebbe avvenire entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge comunitaria e dovrà adempiere al non semplice compito di coordinare l’attuazione della direttiva europea sulla tutela penale con il decreto 231.
Gli autori ritengono per altro che la delega potrebbe essere una irripetibile occasione per intervenire in maniera sistematica sull’intero sistema sanzionatorio ambientale, in modo da superare le irrazionalità di alcuni illeciti e la sostanziale inefficacia e iniquità della disciplina attuale, confermata dai dati statistici da cui risulta che le condanne definitive per reati ambientali, nel nostro paese, sono ancora esigue e rare.


L’arma della “231” per la tutela dell’ambiente, di Francesco Bruno e Cecilia Carrara, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 6 giugno 2010, pag. 20

lunedì 3 maggio 2010

Sui modelli «231» controlli omogenei

di Carolyn Dittmeier (*) e Roberto Villa (**)
Negli ultimi anni abbiamo assistito a considerazioni negative nelle sedi giudiziarie sulla reale efficacia dei modelli «231». L'adozione di un efficace modello, spesso considerato solo una sorta di scudo in grado di esimere dalla responsabilità amministrativa, può rappresentare una reale opportunità per quelle imprese che, al di là dello "spauracchio" del sistema sanzionatorio della «231», sapranno trarne vantaggi competitivi. Ricordiamo che i punti cardine dei modelli convergono e si integrano nel framework di controllo interno riconosciuto a livello internazionale, il cosiddetto Enterprise Risk Management emanato dalla commissione statunitense Coso.
Prosegue

Leggi l'articolo sul sito del Sole 24 ore

martedì 6 aprile 2010

Il modello organizzativo tutela imprese e mercato

Leggi l'articolo Il modello organizzativo tutela imprese e mercato di Marcella Panucci (Direttore Affari legislativi di Confindustria) apparso su Il Sole 24 Ore del 1 aprile 2010.

I modelli della "231" meritano più attenzioni

Rimandiamo all'articolo I modelli della "231" meritano più attenzioni (di Paolo Ielo - Magistrato) apparso sul Sole 24 Ore dello scorso 31 marzo 2010.

venerdì 26 marzo 2010

In tribunale funziona l'ombrello della "231"

Primi casi di società salvate dai modelli organizzativi: leggi l'articolo di Giovanni Negri

giovedì 11 febbraio 2010

Senza modello organizzativo, l’ente non evita la sanzione per i reati dei soggetti apicali

Con sentenza n. 36083 del 2009, la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva una Spa al pagamento di 50mila euro per aver ricevuto vantaggio dal reato di corruzione del quale era stato ritenuto responsabile il suo rappresentante legale.
Contro la sentenza del giudice di merito che gli aveva attribuito una “rimproverabilità” per non aver adottato un modello organizzativo idoneo ex decreto 231/2001, l’ente ha fatto ricorso cercando di sostenere una lettura del decreto 231 meno vincolante, in base alla quale il decreto stesso non avrebbe introdotto un obbligo all’adozione dei modelli, che invece costituirebbero solo una condizione esimente della responsabilità.
Di diverso avviso la Suprema Corte, la quale sostiene che grava sulla società l’onere di provare di avere adottato tutte le misure organizzative idonee a impedire la commissione di reati analoghi a quello verificatosi.
Dall’esame del decreto 231, infatti, scaturisce il principio di diritto secondo il quale l’ente che abbia omesso di adottare e attuare il modello organizzativo e gestionale non risponde del reato commesso dal suo esponente apicale soltanto nell’ipotesi in cui il reato è stato commesso dal soggetto nell’esclusivo interesse proprio o di terzi, senza alcun vantaggio per l’ente.

Modelli organizzativi vincolanti nelle società, di Giovanni Negri, in Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 9 febbraio 2010, pag. 31

lunedì 1 febbraio 2010

Per la prima volta regge davanti al giudice un modello organizzativo

Il Gip di Milano ha pronunciato (17 novembre) una sentenza con la quale ha escluso la responsabilità di un’importante società quotata per il reato di aggiotaggio informativo, in quanto la società stessa ha dimostrato di avere adottato un modello organizzativo considerato adeguato sulla base di quanto prescritto dal decreto 231/2001.

La sentenza può considerarsi storica, in quanto è la prima volta dall’entrata in vigore del decreto 231 che un ente riesce a “cavarsela” grazie al modello organizzativo adottato.

Nella fattispecie, la sentenza del Gip milanese mette in evidenza la tempestività con cui la società, fin dal 2003, ha adottato un modello organizzativo (improntato sulle Linee Guida di Confindustria) la cui efficacia è stata valutata tenendo presente la situazione precedente l’illecito e non il fatto che il reato sia poi stato commesso; è risultato inoltre decisivo il fatto che l’ente avesse definito una specifica procedura per i comunicati stampa.

Il modello 231 salva la società, di Giovanni Negri, in, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 20 gennaio 2010, pag. 39